Giuseppe Arnaldo Riboldi è nato a Vevey (Svizzera) nel 1931. Pittore
realista, ha conseguito nel 1953 il diploma alla Scuola Arti e Mestieri di Milano. Ha
tenuto mostre personali nelle gallerie Modigliani ed Eustachi a Milano, Centro Storico a
Firenze, etc. Ha partecipato a molte rassegne, ottenendo premi di rilievo; fra i più
recenti: 1989, 1º premio assoluto al XV Trofeo Raffaello, diploma e medaglia d'oro alla
Biennale Dürer, Milano; '90, 1º premio e medaglia d'oro (col quadro qui pubblicato) al
Conc. Int. La Telaccia d'Oro, Torino; 1º premio Coppa Città di Padova alla Mostra Calice
d'Oro, Firenze; nominato Accademico del Fiorino con medaglia d'oro, Prato; Targa d'Oro
della Professionalità Pittorica, Roma; 1º premio al Conc. Presidente della Repubblica,
Prato; titolo di Maestro di Pittura con medaglia d'oro e Trofeo II Cinghiale d'Oro
dall'Acc. del Fiorino; '92, 1º premio assoluto (grafica) e medaglia d'oro (pittura) al
Conc. Int. Epifania alla Gall. Eustachi, Milano.
Il pittore Giuseppe Riboldi è un poeta della tecnica. Nel senso ch'egli vive il fatto
tecnico come il distillato di un frutto i cui aromi e i cui sapori sono racchiusi entro le
severe regole di un'impeccabile esattezza formale. Potrebbe essere, questa, la definizione
di un procedimento astratto. Al contrario, Riboldi proietta la sua concezione nel pieno
della realtà: i suoi fiori, i suoi frutti, i ritratti, i paesaggi prevalentemente
montani, sono colti con obiettività assoluta: e nondimeno il pittore applica nei loro
confronti proprio la regola che dicemmo, rendendoli gli oggetti di un'elaborazione
obbediente a canoni quanto mai rigorosi. Non per nulla il maestro del passato cui egli
guarda con maggiore devozione è Andrea Del Sarto, ossia colui che fu definito
"pittore senza difetti", la natura morta ch'egli si è posto quale modello
ideale è una proiezione della realtà sulla tela, così sbalorditiva nella sua aderenza
alla natura da trasformarla in poesia.Lui li assolve, in pace con sé stesso: lavora con
scrupolo, medita su quello che fa. Ciò che esce dalle sue mani esce anche dall'anima: è
una realtà nella quale sono racchiusi le speranze, i buoni propositi. È una pittura che
fa bene perché si occupa solo di cose pulite. Rivela un eccellente patrimonio tecnico,
una grande sicurezza di tratto, un'ottima proprietà di colore: quel suo ideale che
dicemmo ne assicura anche un contenuto poetico. E i quadri ch'egli compone si fanno subito
capire: a interrogarli come si deve, a frequentarli per coglierne l'essenza, si fanno
amare. Sono lo specchio dell'anima di un pittore che nella pittura crede.
dott. prof. Mario Monteverdi, storico e critico d'arte |